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Pianificazione territoriale e consumo del territorio
Il suolo
rappresenta una risorsa strategica non rinnovabile che va preservata;
un bene comune irrinunciabile ed inalienabile, regolatore del ciclo
idrologico, riserva di acqua e di energia, filtro di potenziali
inquinanti, fattore dell’equilibrio ambientale e delle biodiversità.
La tutela e la progressiva riduzione del consumo del territorio sono esigenza interna al concetto stesso di sopravvivenza
Il
consumo del suolo, da parte di un’attività antropica da sempre
rappresenta una forma di danno all’ambiente e all’ecosistema , ma negli
ultimi decenni un nuovo modello di sviluppo della città e del
territorio ha aumentato in modo esponenziale la quantità di consumo di
suolo utilizzato per usi insediativi, configurandosi una crescita della
città sempre più complessa e confusa.
L’urbanizzazione è
responsabile di 2/3 delle perdite di suolo agricolo, con l’aggravante
che ben difficilmente i suoli ‘tappati’ da cemento e asfalto potranno
mai tornare ad essere produttivi. E questo significa desertificazione,
surriscaldamento, inquinamento, alluvioni, frane.
Dati ISTAT del
Censimento generale dell’Agricoltura evidenziano come la Campania abbia
perso, nel corso dell’ultimo decennio, oltre 100.000 ettari di spazio
rurale e naturale, una superficie quasi pari all’intera provincia di
Napoli.
La preoccupazione è quella che si consideri il
territorio rurale alla stregua di una illimitata riserva di spazio, in
grado di soddisfare tutti gli usi possibili - residenziali, produttivi,
infrastrutturali -, sulla base di una capacità di carico altrettanto
illimitata.
Il sistema di aree verdi ancora presenti, la rete
ecologica e rurale ancora cospicua, sono una risorsa strategica da
tutelare e valorizzare per la vita, per la compensazione e la
mitigazione degli impatti del sistema urbano, la cui definizione e
tutela rappresentano un obiettivo imprescindibile all’interno di un
piano complessivo di riqualificazione urbana ed ambientale.
La
Campania continua a consumare i suoi suoli in maniera esponenziale
rispetto alla crescita. I risultati di una recente ricerca evidenziano
come le superfici urbanizzate campane siano più che quadruplicate nel
quarantennio 1960-2000, passando da 22.500 a poco meno di 94.000
ettari, a fronte di un incremento demografico dell’ordine del 21%.
La
strada indicata attualmente dal Piano territoriale, ipotesi di sviluppo
a fronte di utilizzo di altra superficie agraria, appare anacronistica
con le attuali urgenze. ed in contrasto con le misure regolative
proposte dall’Unione europea per la tutela del territorio rurale,
imperniate sul riuso delle aree urbane esistenti.
Alla luce di
queste considerazione e del fatto che la Campania sia la prima regione
in termini di consumi di suolo, proponiamo che ogni livello
amministrativo (comune, provincia, comunità montana, parco, regione,
etc.) che gestisce un territorio attraverso gli strumenti di governo
previsti dovrà provvedere ad istituire un osservatorio del consumo del
territorio, da cui trarre un proprio bilancio ecologico in grado di
misurare il livello di naturalità e lo stato delle risorse naturali del
territorio.
Tale bilancio dovrà essere migliorato per obiettivi
e non potrà mai essere aggravato neppure temporaneamente. Nessuna
trasformazione e uso del suolo potrà incidere in senso negativo sul del
bilancio ecologico locale. Sarà a carico del soggetto pubblico titolare
dello strumento di governo del territorio definire le modalità di
regolazione e di gestione di tale bilancio ecologico.
La norma
urbanistica lascia alla Regione, attraverso un processo di
concertazione, il compito di definire gli indirizzi strategici relativi
all’organizzazione territoriale cui la pianificazione territoriale di
livello comunale autonomo, deve attenersi, facendo riferimento ai dati
dell’osservatorio e dirigendo la pianificazione prioritariamente verso
gli obbiettivi generali del riuso, recupero ristrutturazione, messa in
sicurezza antisismica, ricucitura del tessuto urbano esistente,
riqualificazione edilizia ed urbana, il nuovo, dove necessario sarà
inteso prevalentemente quale innesto nell’esistente.
La
richiesta di una riduzione del consumo di suolo è improrogabile, la
superficie attualmente urbanizzata, è pari a circail 46% di quella
dell’intera superficie nazionale e quindi la sua ulteriore crescita
rappresenterebbe certamente un evento rovinoso per l’ambiente e il
territorio
Affidare la ripresa economica allo sviluppo
dell’attività edilizia e, per questo “liberare” costruttori e
proprietari immobiliari dalle regole dei piani urbanistici, ( piano
casa) è come guidare contromano sulla strada che dovremo invece
deciderci a percorrere.
Risorse economiche per il settore
edilizio andranno all’opposto individuate ed indirizzate nei settori di
maggior crisi, là dove la crisi è sempre un opportunità di cambiamento:
politiche ed iniziative contro il degrado delle periferie, gli scempi
del paesaggio, a favore di politiche energetiche rinnovabili, in
interventi di ecologia urbana in grado di ridurre il carico inquinante
e di garantire una effettiva rigenerazione delle risorse ambientali
riproducibili e, soprattutto verso la risoluzione della cronica carenza
di una mobilità efficace ed ecologica. Potranno essere queste le
opportunità di una nuova economia del settore capace di innestare
processi di riqualificazione e recupero che siano motori per una nuova
ricchezza locale, radicata sostenibile diffusa e condivisa
Appare
quindi del tutto opportuna una politica territoriale che riprenda in
mano gli strumenti della pianificazione; che sappia fermare il Piano
Casa e occuparsi di una sola grande opera: la manutenzione del
territorio, la rottamazione edilizia e il rilancio di un’edilizia
ecologica, verso consumo zero, un edilizia passiva che sappia
recuperare dalle fonti rinnovabili, dal sole, dal calore e dalla
frescura dell’aria, dell’acqua piovana, dalle risorse geotermiche,
risorse da riutilizze ri-immettendoli nel proprio bilancio energetico.
Ponendo l’azione in una precisa normativa di contenimento del consumo
di suolo, analoga a quella presente in diversi Paesi europei, che può e
deve essere promossa della Regioni, perché riguarda sue competenze
specifiche, come l’ambiente e il paesaggio. Scelte peraltro ben
conosciute dall’urbanistica italiana che le ha sperimentate da molti
anni nelle migliori esperienze di pianificazione, ma che vanno oggi
generalizzate prima che il consumo di suolo diventi un’ulteriore
emergenza nazionale.
Partecipazione Partendo
dall’assunto che le esigenze di un Territorio e la ricerca delle
soluzioni possibili non possano prescindere dalle esigenze, esperienze
e dai contributi che provengono da quello stesso Territorio; ssunto che
solo con una partecipazione dal basso si possano definire le procedure
di gestione per stabilire poi quali procedimenti attuare e quali
Realizzazioni Assunto
che un processo di partecipazione è sempre un esperienza formativa di
crescita per l'acquisizione del senso civico di appartenenza, di
consapevolezza, cura e difesa del bene comune.
Il Movimento
promuoverà e sosterrà la necessità di “laboratori di urbanistica
partecipata” per l’attuazione dei piani particolareggiati e per ogni
intervento urbanistico, su modelli già collaudati e/o su modelli
sperimentali da definire.
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